Torino 360°
EDIZIONE BILINGUE CON FOTOGRAFIE PANORAMICHE E ORBICOLARI FINO A 360°
Cartonato con sovracoperta plastificata a colori, formato cm 23x22, pp 152 con fotografie che si aprono a 2, 4, 6 ante, testi e didascalie in italiano e inglese
Estratti
Oltre cento immagini per un volume originale e di grande prestigio. Un formato pratico con fotografie che si aprono fino a sei pagine che esaltano tutta la bellezza del capoluogo piemontese. Le splendide immagini sono accompagnate dall'introduzione di Bruno Gambarotta e da approfondite ricerche storico-artistiche ad opera di Fabio Bourbon.
Dall'introduzione di Bruno Gambarotta
Carissima Torino,
È la prima volta che ti scrivo. Chissà quante lettere ricevi ogni giorno ma questa è un po’ speciale. È una lettera d’amore, perciò, ti prego, leggila.
Sono innamorato di te da più di mezzo secolo e non ho mai osato dichiararmi. Sono sicuro che hai indovinato da molti segnali, e non da oggi, quali erano i miei sentimenti nei tuoi riguardi.
Molti altri, più importanti e autorevoli di me, l’hanno fatto in passato. Per citare solo quelli che non sono più tra noi: Friedrich Nietzsche, Guido Gozzano, Enrico Thovez, Piero Gobetti, Filippo Burzio, Augusto Monti, Mario Gromo, Cesare Pavese, Natalia Ginzburg, Italo Calvino, Primo Levi, Giovanni Arpino, Luigi Firpo…
Cara Torino, sai cosa è stato a farmi innamorare di te a prima vista? Se devo essere sincero, ti dirò che non è stata la scoperta di piazza Castello o di via Po, il panorama dal monte dei Cappuccini, il Valentino o le gite in barca sul Po che, ma il tuo odore. Proverò a definirlo, anche se non è un’impresa semplice. Per farlo dobbiamo partire da una base di foglie di platano o di ippocastano bagnate e schiacciate dalle ruote del tram, avvicinarci allo sfiatatoio di una pasticceria storica, grattare un po’ di polvere di mattone dal muro della Cittadella e sfregarla fra il pollice e l’indice, trovarci davanti al portone della Consolata quando aprono i pesanti tendaggi per far uscire i fedeli dopo la Messa, infine entrare in una delle superstiti drogherie con i sacchi di tela aperti e appoggiati contro il bancone, gli espositori di legno scuro impregnati di cannella, sapone a scaglie, chiodi di garofano, cacao, liscivia, miglio, zucchero, carrube, pomodori secchi, caffè appena tostato e sul tagliere la barra di cotognata pronta per essere affettata. A ogni sosta si raccomanda di chiudere gli occhi e inspirare a fondo. [...]
I am writing to you for the first time. Who knows how many letters you must receive every day? This one, however, is rather special. It’s a love letter, in fact, so please be sure to read it. I have been in love with you for more than half a century, but have never dared to say so outright. But I’m sure you’ve cottoned on to my feelings towards you from a host of signs and signals, and not just today. «Why didn’t you get it off your chest?», you may well ask. Why be silent? Gaucheness, reticence, reluctance to display our emotions are indelible facets of our nature. And this is something you should be familiar with seeing you’ve done so much to make it what it is. I also held back ’cos I certainly wouldn’t have been the first to send you a billet doux. What about this list of those who have left our company for ever? Friedrich Nietzsche, Guido Gozzano, Enrico Thovez, Piero Gobetti, Filippo Burzio, Augusto Monti, Mario Gromo, Cesare Pavese, Natalia Ginzburg, Italo Calvino, Primo Levi, Giovanni Arpino, Luigi Firpo...
Dear Turin, can you imagine what it was that made me love you at first sight? No, it wasn’t Piazza Castello, nor Via Po, the panorama from the Monte dei Cappuccini, the Valentino Park or boat trips on the river, all new discoveries thanks to my companions. Let me be frank. It was your odour. My nose has always been a pathfinder along my walks of life and you were no exception. And this odour, d’you like to know how it is? I’ll try to define for you, though it’s easier said than done. The first ingredient is a line of soaked plane or chestnut tree leaves crushed under the wheels of a tram. Then come the other sources: a vent from the innards of a long-established confectioner’s, a little brick dust scratched from the walls of the keep of the Cittadella and crushed between the thumb and forefinger, the wafts of incense-cloaked humanity when the heavy curtains are drawn back after Mass and the congregation flows out of the Consolata, the open bonnet of a car in a courtyard where a surgeon-mechanic is at work. Last and richest: the premises of one of the few remaining spiceries with its open jute sacks beside the counter, dark wooden display cases filled with cinnamon bark, soap flakes, cloves, cocoa powder, lye, millet, sugar, carob pods, dried tomatoes and freshly roasted coffee seeds, and a roll of quince paste waiting to be sliced on the chopping board. Eyes closed and a very deep breath are recommended at each of these «stations».