Roba bella comprate gente!
Mercato, fiera e tradizione nel commercio piemontese d’antan
Cartonato con sovraccoperta plastificata, formato 17,5x25 cm, pagine 128 con inserto fotografico in b/n
ISBN 978-88-8068-409-1
Disponibile in libreria
Recensioni
- cuneodice.it
Roba bella comprate gente! - La Guida
Andar per fiere e mercati - Il Monferrato
Una volta nei paesi c'era il mercato - Torino Sette
Il fascino del mercato nel suggestivo libro di Aldo Molinengo
«Roba bella comprate gente! ». Il richiamo dei venditori di piazza è diventato il titolo di un libro suggestivo di Aldo Molinengo appena pubblicato da Priuli & Verlucca (pp. 128, euro 17,50) nella collana Quaderni di Civiltà e di Cultura Piemontese. Già autore di altri libri che indagano abitudini e cultura di uno spazio geografico preciso (in genere il Saluzzese), come «Orto di casa: antico segno alpino della famiglia contadina» o «Bambini affittati. Vaché e sërvente: un fenomeno sociale nel Vecchio Piemonte rurale e montano» (sempre pubblicati da Priuli & Verlucca), Molinengo si dedica questa volta al fascino del mercato. Un libro sui mercati piemontesi d'antan dietro il filo di una memoria personale soccorsa - ove occorra - da documenti scritti, da testimonianze orali, da fotografie e cartoline, che vanno ad arricchire un «Album» tutto da sfogliare. Foto e cartoline di epoche diverse, ricche di un'aura paesana e domestica: illustrazione massima di vita contadina, di abitudini rustiche, di gesti essenziali, legati alla concretezza dei commerci, degli scambi, ma anche a quell'aria sempre un po' festosa che le fiere e i mercati portano con sé. Primi piani di piazze e di osterie, di merci varie (pate, o cenci, ramaglie, verdura dell' orto, pollame di casa, acciughe, cereali, fieno, paglia, castagne, «cuchèt», ossia i bozzoli dei bachi da seta, e altri prodotti o oggetti che i nostri tempi hanno reso ormai desueti). Ma anche l'eccellenza dei mercati del bestiame con gli apici gastro-proverbiali della trippa di Moncalieri o del bue grasso di Carrù e di Moncalvo. Per non dire di chiese e campanili protettivi, di monumenti accerchiati, di tendoni stesi, di ombrelloni aperti, di «ali» e tettoie (spesso di gusto liberty) costruite ai quattro venti. Muovendosi tra memoria e documento, Molinengo ci riporta pagina dopo pagina ai riti della contrattazione, alle leggi scritte e alle consuetudini, alle dinamiche in gioco, alle liti e alle questioni tra paesi limitrofi, legate alle istituzioni di fiere di cui si teme la concorrenza. Tutto un mondo che - l'autore non ne fa mistero - mette un po' di nostalgia. Ma che appartiene alla naturale evoluzione dei tempi. E anche questo Molinengo lo sa benissimo. Né ha l'aria di tuffarsi nel passato per difetto di futuro. La sua è un'opera che aiuta a riflettere sul valore che il «lontano da noi» (ma quanto?) continua a esercitare sul bisogno che abbiamo di memoria (una memoria parlante anche attraverso le parole dialettali che fanno capolino). Luogo per eccellenza di incontro, il mercato diventa un luogo in cui l'economia si estende a un più largo raggio di significati e di valori. Valori di noi uomini che - in un'era di acquisti internetari e di finanza mariuola - abbiamo bisogno di recuperare la dimensione del contratto aperto, di guardare in volto colui (o colei) con cui contrattiamo. Di cogliere nel segno vivo degli occhi il bisogno di dialogo e di comunità, così necessario alla nostra condizione umana. - La Stampa
Fiere, mercati e commercio antichi quanto gli uomini
«Molti santi continuano a dare il loro nome ad antiche fiere, spesso abbinate alla celebrazione del patrono con un curioso amalgama tra cerimonia religiosa e festeggiamento laico, riflettendo tutto ciò che l’umanità sa essere tra terra e cielo, tra profano e sacro». Così Aldo Molinengo nel prezioso volume dedicato alla storia di Fiere e mercati. Da Saluzzo a Carrù, Vicoforte, Alessandria, Cuneo e Torino. Mercanzie, ritrovi, almanacchi, ruoli e protagonisti di attività antica quanto l’umanità: il commercio.
Estratti
Sul palcoscenico di fiere e mercati continuano a recitare i tanti personaggi di una millenaria commedia dell’arte, che vede come interpreti commercianti, gente, bestie e varie mercanzie. Anche se non ci sono più certe figure caratteristiche di un tempo (neanche troppo lontano), a vendere miracolose pozioni medicinali, non mancano suonatori, imbonitori, abili truffatori e altra varia umanità. Soprattutto nel giorno di fiera, quando la gente che la frequenta vuole anche questo: tanti spettacoli nel grande teatro che si svolge tra piazze e strade, con al massimo il riparo di una tettoia più o meno antica. Si monta e si smonta la scena, che dura solo per poche ore, il tempo di un mattino, per poi replicarla dopo una settimana, oppure già il giorno seguente, come capita nei mercati delle grandi città, che continuano ad esistere nonostante la vicinanza di sempre più grandi centri commerciali. Intanto, con il passare degli anni, sui banchi e tra gli spazi di vendita sono cambiati tanti tipi di merci, mentre abitudini e gesti si ripetono da millenni, e la stretta di mano tra venditore e acquirente (quando c’è da fare un contratto importante senza niente di scritto) ha tuttora il suo valore.
Fiera e mercato fanno parte della storia dell’uomo, e lo hanno sempre accompagnato in ogni epoca, cultura e geografia, con schemi e ritmi che sono universali, e così la tradizione del commercio ambulante non avrà mai fine, e manterrà molte delle consuetudini che da sempre l’hanno caratterizzata. Tra queste, l’antichissima usanza di abbinare alla fiera il nome di un santo, che spesso è anche il patrono locale, riunendo in un armonico amalgama cerimonia religiosa e festeggiamento laico, riflettendo tutto ciò che l’umanità sa essere tra terra e cielo, tra profano e sacro.
Fiera e mercato fanno parte della storia dell’uomo, e lo hanno sempre accompagnato in ogni epoca, cultura e geografia, con schemi e ritmi che sono universali, e così la tradizione del commercio ambulante non avrà mai fine, e manterrà molte delle consuetudini che da sempre l’hanno caratterizzata. Tra queste, l’antichissima usanza di abbinare alla fiera il nome di un santo, che spesso è anche il patrono locale, riunendo in un armonico amalgama cerimonia religiosa e festeggiamento laico, riflettendo tutto ciò che l’umanità sa essere tra terra e cielo, tra profano e sacro.