feed rss Feed RSS     Newsletter Newsletter
 

Catalogo

Cerca

Novità e ristampe

Collane

I Licheni

E-book

Catalogo Editoriale

Catalogo Storico

Eventi e Novità

link www.sanpaolopatrimonio.it
 
 
Spiacente - Pubblicazione non trovata
 

Recensioni

  • La Repubblica
    VIAGGIO NELLA VECCHIA EUROPA
    Paolo Mauri
     
    Da un po’ di tempo diciamo la parola Europa in modo meno astratto: dopo Schengen andiamo in giro da una nazione all’altra senza passaporto e tra pochi giorni non avremo più bisogno di cambiare moneta. Lo stesso denaro, la stessa moneta, circolerà nelle tasche di milioni di persone di diversa nazionalità ma con una comune supernazionalità, appunto europea. Saremo dunque tutti protagonisti di un evento epocale, perché riguarderà indistintamente tutti i cittadini, ne modificherà le abitudini creandone di nuove e comuni.
    Verrebbe voglia di chiedersi quando è cominciato tutto ciò se nell’introdurre la sua Storia d’Europa Giuseppe Galasso non avesse buttato alle ortiche la questione delle origini: «Appare una vera e propria questione di lana caprina il discutere se l’Europa sia o non sia figlia di Carlomagno (come opina Alessandro Barbero e nega, invece, Le Goff) o se l’Europa debba ancora nascere». In realtà, dice Galasso, l’Europa è vissuta nelle nazioni che la compongono, con tutte le divisioni interne e spesso cruente che sappiamo. Ma un’Europa unita, come per una felice e fantastica anticipazione dei tempi la troviamo nella cartografia rinascimentale, poiché i cartografi del tempo disegnarono un’Europa senza confini interni. Lo racconta Roberto Borri nel volume illustratissimo che dedica a L’Europa nell’antica cartografia e che esce ora presso Priuli & Verlucca. Un autentico album di meditazione che sembra fatto apposta per questi giorni che precedono l’introduzione dell’euro, compilato con grande perizia da Borri cui dobbiamo – è giusto ricordarlo – il fortunato volume sulle carte geografiche italiane antiche uscito un paio di anni fa.
    Borri cerca le origini dell’Europa geografica spingendosi molto indietro nel tempo. Racconta, per esempio, sulla scorta delle numerose citazioni di Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, delle carte murali di Agrippa, la più famosa delle quali fu esposta nel portico di Vipsania lungo la via Lata. La via Lata è oggi via del Corso: il nome via Lata sopravvive in una traversa vicino a Palazzo Doria dove il Belli ambienta un memorabile e celeberrimo sonetto in cui gioca l’assonanza tra Santa Maria inviolata e Santa Maria Lata. Naturalmente le carte di Agrippa si sono perdute ed è possibile solo una ricostruzione a posteriori. Ne esce un mondo abbastanza strano rispetto a quello che oggi siamo abituati a veder rappresentato, ma d’altra parte la geografia appartiene alla mente e segue dunque l’evolversi della cultura e ovviamente delle necessità pratiche degli utenti.
    Secondo Le Goff gli uomini del Medio Evo, per esempio, non sanno guardare ma sono sempre pronti ad ascoltare e a credere ciò che si dice loro. Borri cita qui dal bellissimo saggio dedicato molti anni fa dallo storico al tempo della Chiesa e al tempo del mercante. Sarà per questo che le carte medievali ci appaiono tra le più fantasiose, sedotte come sono dall’idea di un mondo che abbia l’esatto centro dove lo pone la tradizione cristiana. Così Gerusalemme trionfa nel mappamondo disegnato nel XII secolo seguendo le indicazioni del Beato di Liebana (VIII secolo) che prevedono anche l’ubicazione del paradiso terrestre dove nascono il Tigri e l’Eufrate. L’Europa occupa un vasto spazio, ma con pochi elementi geografici identificabili. Così, salendo nel tempo, è possibile incontrare la strana figura di Opicino de Canistris, attivo tra il 1330 e il 1350, che amava comporre carte antropomorfe dove il Mediterraneo ha l’aspetto di un Satiro o di un Caprone con la barba fluente mentre Europa ed Africa assumono l’aspetto di uomini e di donne. È un po’ lo stesso principio, ci sembra, che portava a disegnare o credere di riconoscere in cielo le figure antiche delle costellazioni, quasi fossero proiezioni dei miti che correvano di bocca in bocca. Un modo per unire terra, cielo e destino degli uomini.
    Opicino, che fu detto l’Anonimo Ticinese prima di essere identificato dagli studiosi novecenteschi, lavorò anche ad Avignone ed oggi i suoi disegni sono conservati in Vaticano. Non è un cartografo originale, ci dice Borri, ma certo ha un animo da narratore cui altri si sarebbero poi rifatti, come Sebastiano Munster che allestiva carte antropomorfe sul finire del Cinquecento. Per disegnare le sue carte Opicino si serviva di un reticolo che poi veniva cancellato e questo introduce un altro tema che è quello del progressivo avvicinarsi dei cartografi alla reale configurazione del territorio. Ha osservato Umberto Eco che se certe mappe antiche appaiono completamente sballate rispetto alla realtà questo accade perché servivano a scopi particolari, come nelle mappe degli odierni metro ci si limita ad indicare le fermate senza descrivere il reale tracciato compiuto dal treno: al passeggero basta infatti quella retta con i punti in cui il treno si ferma.
    Non sarà certo un caso, comunque, che proprio il Rinascimento metta a punto tecniche cartografiche molto più evolute, con proiezioni capaci di rappresentare il territorio in modo sempre più preciso. Un grande geografo, Gerardo Mercatore, fu il primo a costruire nel 1554 una specifica mappa d’Europa anche se in quell’occasione non usò ancora le proiezioni da lui messe a punto. Quella mappa andò perduta nel 1945 a Breslau, Polonia. Una sorta di monito, se si pensa ai drammi d’Europa di allora.
    Con l’avvento della stampa le carte geografiche, prima disegnate a mano, conobbero una maggiore diffusione e cominciarono ad avvicinarsi alle carte geografiche in uso ancora adesso. Intanto andavano crescendo di importanza le carte nautiche, in coincidenza con le grandi scoperte e dunque l’acquisizione di nuovi saperi. Bisogna però aggiungere che furono proprio le nuove scoperte a far tramontare le carte d’Europa: affascinati dal nuovo, infatti, i geografi si interessarono molto di più delle Americhe, di cui magari Borri si occuperà in un prossimo volume. Comunque bellissimo è il planisfero di Enrico Martello – l’ultimo cartografo che disegnò il mondo prima della scoperta dell’America – conservato alla British Library di Londra, con una Scandinavia completamente di fantasia e un mare tutto blu. Ma sono valutazioni ovviamente personali che colgono l’insieme della carta, ormai divenuta quasi un oggetto d’arte o di decorazione più che uno strumento pratico. D’altra parte se si andava via via accentuando l’esattezza dei riferimenti troviamo ancora nelle carte di John Speed (1552-1629) diversi elementi arbitrari: per esempio l’inserimento di un isola che non c’è, Friesland, accanto all’Islanda. Nella sua carta d’Europa, stampata a Londra nel 1626, Speed pone anche, ai bordi, figure umane che rappresentano gli abitanti delle diverse nazioni e vedute di alcune città, come Parigi, Roma, Praga e via seguitando.
    Bella, ma ci assicura Borri non originale dal punto di vista geografico, è la carta di Daniel La Feuille con cui entriamo nel Settecento: la sua carta, stampata ad Amsterdam e accompagnata dagli stemmi di venti stati e reami, è appunto del 1701. Quarant’anni più tardi vediamo all’opera Jean-Baptiste D’Anville, eccellente geografo del re di Francia che ormai ha un grado di precisione molto vicino al reale. L’ultima carta presentata è del 1802, stampata a Venezia, e si deve a De Vaugondy. Dopo di che comincia la modernità con le carte che interessano via via gli atlanti di oggi.
    La geografia cambia con noi, si potrebbe dire, e quella del passato, nell’apparente freddezza dell’oggetto che non serve più, ci consente viaggi immaginari forse persino più affascinanti di quelli reali. Tra terre sghembe, montagne che sembrano coni di talpa e isole che non ci sono mai state.

Estratti



 
Desideri essere aggiornato sulle nostre novità editoriali?

feed rss Iscriviti al feed RSS
Newsletter Iscriviti alla Newsletter
Questo sito rispetta gli standard di accessibilità
stabiliti dal consorzio internazionale W3C
XHTML Valido
CSS Valido
Credits
© 2024 Priuli & Verlucca, editori
Scarmagno (TO)
P.Iva e Codice Fiscale: 00870160017
realizzato da Bielleweb
Dati fiscali societari
Privacy Policy
Cookie Policy