Il mondo alpino di Estella Canziani
Piemonte - Savoia - Valle d'Aosta
A cura di Paul Guichonnet, Forray François
Cartonato con sovraccoperta plastificata a colori, formato cm 21,5x28 pp 200 con 100 grandi illustrazioni a colori e 10 disegni al tratto
ISBN 978-88-8068-710-8
Disponibile in libreria
All’inizio del XX secolo una giovane inglese della buona società, ricca, originale e dallo spirito libero, parte alla scoperta delle Alpi. Ignorando le cime e le località alla moda, si addentra nelle valli più remote, si ferma nei villaggi sperduti, vive duramente con la gente del posto.Osserva. E dipinge. Dipinge senza sosta tutto ciò che vede, con minuzia e precisione. Certamente le cime e le foreste, i villaggi e i giardini. Ma soprattutto i montanari: è stata la prima e sarà l’unica artista a rappresentarli nel loro contesto quotidiano, in casa e in chiesa, catturando l’incantevole riflesso dei costumi femminili e l’umile semplicità dei lavori domestici.
Epigona della scuola preraffaelita, le sue tavole dai colori luminosi e penetranti ci offrono la poesia e la dura serenità di una realtà alpestre la cui memoria rifiuta di svanire.
Il sogno virgiliano
François Forray
Quale ragione può spingere, negli anni tra il 1905 e il 1910, una ricca e bella ragazza ventenne, di cultura anglo-italiana, ad affrontare difficili viaggi nel profondo delle Alpi?
Ella non vi si reca sola ma in compagnia del padre Enrico Canziani, un ricco ingegnere italiano che vive tra Londra e Milano. Sua madre, la brillante Louisa Starr, è una ritrattista di fama che gravemente colpita da una malattia non può più viaggiare. Questa persona tanto cara, adorata dal marito e dalla figlia, muore nel 1909. Durante i mesi della malattia della madre e del lutto, i legami tra Estella ed il padre si intensificano. Quest’uomo appassionato di oggetti tradizionali, pronto a spendere somme considerevoli per soddisfare la sua passione di collezionista, sembra concepire un preciso progetto per la figlia: farla riconoscere come studiosa di folklore e per questo la incoraggia e la sostiene, fino a finanziare collaboratori incaricati di aiutarla raccogliendo dati e traducendo le opere scientifiche.
In questi primi anni della Belle Époque, in cui si assiste al trionfo del capitalismo e alla nascita dell’industrializzazione, qualche anima più avveduta inizia già a pensare, come ben sostengono i poeti, che «la vera vita è altrove». Si iniziano a denunciare i misfatti delle città sovrappopolate, il miasma dell’industrializzazione, l’iniquità della dominazione coloniale, e lo sguardo volge verso una scienza nuova: l’etnologia, che pervasa da un profumo d’esotismo e dal mito della ricerca del «buon selvaggio» descrive, studia l’arte e le società a carattere tradizionale.
Bisogna ormai inoltrarsi nelle valli più remote, nel cuore delle montagne per ritrovare qualche lembo della civiltà alpina, poiché fin dai primi anni di questo secolo la montagna si è trasformata con l’arrivo della ferrovia, l’installazione di centrali elettriche, l’estendersi delle industrie chimiche e metallurgiche, lo sviluppo di stabilimenti termali. L’emigrazione verso le grandi città svuota numerosi villaggi, come constata la stessa Estella Canziani, incontrando a Bessans la moglie di un conducente, che è di ritorno al proprio paese. «Quando io e mio padre venimmo per la prima volta in Savoia era il 1905, io mi misi a interrogare alacremente la gente sulle loro abitudini, sui loro costumi, più per una forma di divertimento che altro, senza minimamente prevedere che un giorno avrei pubblicato quelle informazioni che stavo raccogliendo. Ma nei due anni che seguirono, rimasi colpita dalla rapidità con la quale alcune zone della Savoia stavano modernizzandosi, sebbene in località più arretrate persistesse ancora la credenza nelle fate e la popolazione fosse ancora ben lontana dall’essere contaminata dalla così detta civilizzazione», così scrisse l’autrice nella sua prefazione.
Prima ancora di essere etnologa, Estella Canziani è un’artista. Si era impegnata nello studio della pittura alla scuola di South Kensington, sotto la guida di Anthony Cope e John Nicholson e realizzò ritratti, paesaggi, acquerelli a carattere scientifico che le permetteranno in breve tempo di farsi conoscere. Ella è in perpetua ricerca del bello e del vero attraverso oggetti d’altri tempi ed alla scoperta di personaggi dalla vita interiore particolarmente intensa ed appassionante. Si dedica con vivo interesse alla raccolta di leggende e di costumi, un po’ come voler portare alla luce i segni dell’invisibile. Estella Canziani possiede soprattutto la straordinaria sensibilità dell’artista-pittore, incessantemente alla ricerca di giochi di luce che si riflettano sui volumi e sui colori. Che felicità ritrovare in una umile stanza di una casa di Pragelato l’atmosfera di Rembrandt! Quale gioia contemplare visi di piccoli montanari che ricordano i quadri di Bernardino Luini e di Ambrogio Borgognone. Ella s’inscrive pienamente in quel corteo di artisti dell’epoca, tra i quali figurano André Jacques, André-Charles Coppier, Léandre Vaillat, che si immergono per settimane tra le gente di questi villaggi per meglio assaporarne la vita paesana e montanara. [...]
Epigona della scuola preraffaelita, le sue tavole dai colori luminosi e penetranti ci offrono la poesia e la dura serenità di una realtà alpestre la cui memoria rifiuta di svanire.
Il sogno virgiliano
François Forray
Quale ragione può spingere, negli anni tra il 1905 e il 1910, una ricca e bella ragazza ventenne, di cultura anglo-italiana, ad affrontare difficili viaggi nel profondo delle Alpi?
Ella non vi si reca sola ma in compagnia del padre Enrico Canziani, un ricco ingegnere italiano che vive tra Londra e Milano. Sua madre, la brillante Louisa Starr, è una ritrattista di fama che gravemente colpita da una malattia non può più viaggiare. Questa persona tanto cara, adorata dal marito e dalla figlia, muore nel 1909. Durante i mesi della malattia della madre e del lutto, i legami tra Estella ed il padre si intensificano. Quest’uomo appassionato di oggetti tradizionali, pronto a spendere somme considerevoli per soddisfare la sua passione di collezionista, sembra concepire un preciso progetto per la figlia: farla riconoscere come studiosa di folklore e per questo la incoraggia e la sostiene, fino a finanziare collaboratori incaricati di aiutarla raccogliendo dati e traducendo le opere scientifiche.
In questi primi anni della Belle Époque, in cui si assiste al trionfo del capitalismo e alla nascita dell’industrializzazione, qualche anima più avveduta inizia già a pensare, come ben sostengono i poeti, che «la vera vita è altrove». Si iniziano a denunciare i misfatti delle città sovrappopolate, il miasma dell’industrializzazione, l’iniquità della dominazione coloniale, e lo sguardo volge verso una scienza nuova: l’etnologia, che pervasa da un profumo d’esotismo e dal mito della ricerca del «buon selvaggio» descrive, studia l’arte e le società a carattere tradizionale.
Bisogna ormai inoltrarsi nelle valli più remote, nel cuore delle montagne per ritrovare qualche lembo della civiltà alpina, poiché fin dai primi anni di questo secolo la montagna si è trasformata con l’arrivo della ferrovia, l’installazione di centrali elettriche, l’estendersi delle industrie chimiche e metallurgiche, lo sviluppo di stabilimenti termali. L’emigrazione verso le grandi città svuota numerosi villaggi, come constata la stessa Estella Canziani, incontrando a Bessans la moglie di un conducente, che è di ritorno al proprio paese. «Quando io e mio padre venimmo per la prima volta in Savoia era il 1905, io mi misi a interrogare alacremente la gente sulle loro abitudini, sui loro costumi, più per una forma di divertimento che altro, senza minimamente prevedere che un giorno avrei pubblicato quelle informazioni che stavo raccogliendo. Ma nei due anni che seguirono, rimasi colpita dalla rapidità con la quale alcune zone della Savoia stavano modernizzandosi, sebbene in località più arretrate persistesse ancora la credenza nelle fate e la popolazione fosse ancora ben lontana dall’essere contaminata dalla così detta civilizzazione», così scrisse l’autrice nella sua prefazione.
Prima ancora di essere etnologa, Estella Canziani è un’artista. Si era impegnata nello studio della pittura alla scuola di South Kensington, sotto la guida di Anthony Cope e John Nicholson e realizzò ritratti, paesaggi, acquerelli a carattere scientifico che le permetteranno in breve tempo di farsi conoscere. Ella è in perpetua ricerca del bello e del vero attraverso oggetti d’altri tempi ed alla scoperta di personaggi dalla vita interiore particolarmente intensa ed appassionante. Si dedica con vivo interesse alla raccolta di leggende e di costumi, un po’ come voler portare alla luce i segni dell’invisibile. Estella Canziani possiede soprattutto la straordinaria sensibilità dell’artista-pittore, incessantemente alla ricerca di giochi di luce che si riflettano sui volumi e sui colori. Che felicità ritrovare in una umile stanza di una casa di Pragelato l’atmosfera di Rembrandt! Quale gioia contemplare visi di piccoli montanari che ricordano i quadri di Bernardino Luini e di Ambrogio Borgognone. Ella s’inscrive pienamente in quel corteo di artisti dell’epoca, tra i quali figurano André Jacques, André-Charles Coppier, Léandre Vaillat, che si immergono per settimane tra le gente di questi villaggi per meglio assaporarne la vita paesana e montanara. [...]