Dorino Ouvrier
Cartonato in balacron nero, inserito in prestigioso cofanetto di fattura manuale, formato cm 25x35, pagine 112
Disponibile in libreria
Dal testo di Angelo Mistrangelo
L’intenso, profondo, vitale impegno di Dorino Ouvrier si identifica con una scultura legata alla propria terra, al quotidiano e duro lavoro dei contadini, a una ricerca di immagini, di luoghi, di leggende e storie e memorie che appartengono alla tradizione e alla cultura della Valle d’Aosta. E sono più di 20 anni di esposizioni, di presenze alle Fiere del legno, di incontri all’insegna di una determinante trasformazione dei tronchi di noce in figure di pastori, slitte, suonatori, che mettono in evidenza un discorso in cui “…le sue opere – ha scritto Erich Steingräber – fanno pensare a tempi antichi, quando arte e artigianato, arte popolare e arte nobile erano ancora strettamente unite…”.
Un’arte, quella di Ouvrier, che ha il fascino di una natura rivisitata, di un particolare, e del tutto personale, espressionismo, di una elaborazione che nulla concede a una piacevole semplificazione del modellato, ma dove ogni scavo della materia, ogni gesto rituale, ogni “abbozzo” figurale eseguito con lo scalpello, esprime la strenua energia con la quale “fissa” un volto, un gruppo di uomini all’osteria, una suggestiva e lirica natività.
Osservando le sue grandi sculture si avverte la straordinaria forza che emanano i suoi personaggi. E questi sono colti nel momento di massimo sforzo, con il corpo proteso e piegato in avanti, con il viso che esprime il dolore e l’angoscia e le umane passioni, con le braccia robuste che spingono un carro di fieno o sollevano il cesto del pane.
Vi è nell’esperienza di Ouvrier il fluire continuo, pressante, incessante della vita alpina, di una sottesa spiritualità, di una narrazione incisa nel legno. […]
Dal testo di Ezio Bérard
La scultura di Dorino Ouvrier, l’artista di Epinel, un gruppo di case alle porte di Cogne, mi ha sempre affascinato. Le sue figure, i suoi gruppi scultorei esprimono un’esistenza fatta di fatica, di stenti ma anche di serietà, di consapevolezza e di una gioia contenuta. È la vita degli abitanti della montagna, con i suoi ritmi.
Ouvrier, ancora oggi, nell’epoca dei computer e del digitale, è rimasto immerso nella poesia d’altri tempi; una tensione ideale per esporre nella materia (nel suo caso il legno) i sentimenti più profondi legati alla tradizione valdostana.
Nelle sue opere intravedo l’essenza quotidiana in tutti i suoi momenti ed intuisco anche il personaggio, spesso restìo alla pubblicità, che sente e vive il suo lavoro; una occupazione che con il passare del tempo è diventata arte vera.[…]