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Bolzano la mia città

Bolzano la mia città

Cartonato con sovracoperta a colori plastificata,formato cm 28x32, pagine 96 interamente a colori
ISBN 978-88-8068-152-6
Versione italo-anglo-tedesca
Disponibile in libreria

 

Estratti



“Bolgiano, …bellissimo paese, tutto aperto, benché circondato dalle montagne”. (Giustiniano, ambasciatore della Serenissima, a Bolzano il 16 giugno 1651)

Bolzano vista attraverso l’obiettivo di un fotografo che vi è nato e attraverso gli occhi dei forestieri, più o meno illustri, che passarono di qui tra la fine del Quattrocento e la prima metà dell’Ottocento. Un doppio sguardo incrociato che svela un’immagine inedita della città, in grado di incuriosire anche qualche suo conoscitore.


Dall'introduzione

“È l’umore di chi guarda che dà alla città… la sua forma”, così comincia la descrizione di “Zemrude” una delle tante fantastiche “Città invisibili” di Italo Calvino.
La fisionomia di una città – intende suggerirci l’autore – non è mai fissa e predeterminata: essa muta continuamente a seconda dell’osservatore e dell’angolo visuale da cui la si osserva, e in questa sua mutevolezza essa si comporta come l’acqua, sempre in grado, volta per volta, di conformarsi a recipienti diversi. Qualsiasi spazio urbano, infatti, ha tanti volti quanti sono gli abitanti che ogni giorno lo percorrono: ciascuno di loro, con la propria sensibilità e attraverso le lenti della propria cultura, mette a fuoco cose diverse. E “non puoi dire che un aspetto… sia più vero dell’altro”, ammonisce Calvino.
Storici, architetti e urbanisti si sforzano da sempre di ricondurre ad una visione organica e unitaria il territorio urbano, come se fosse visto dall’alto di un aeroplano. Gli abitanti, invece, vivono nella città e hanno con essa un rapporto utilitaristico e soggettivo.
La loro percezione è sempre inevitabilmente disorganica e frammentaria. Tant’è che la realtà descritta dagli studiosi non corrisponde quasi mai alle impressioni personali che ne hanno i comuni cittadini. Nondimeno, se potessimo confrontare sistematicamente la moltitudine di queste impressioni. Verificandone convergenze e divergenze, otterremmo una sorta di semiologia urbana (che tanto sarebbe piaciuta a Roland Barthes) in grado di restituirci un quadro altrettanto significativo e veridico della città quanto quello fornito da un trattato di urbanistica.
In un libro fotografico com’è questo, tutto basato sul fascino e la capacità evocativa delle illustrazioni, ci è parso suggestivo, per analogia, impostare anche la parte scritta per immagini. Nelle pagine seguenti abbiamo quindi cercato di delineare il ritratto di Bolzano così come ci risulta dalle pagine di alcuni viaggiatori, più o meno illustri, che passarono di qui. Si tratta senz’altro di un modo parziale di presentare la città. Eppure – sia detto senza alcuno snobismo culturale – la frammentarietà, la relatività e la dissonanza dei vari punti di vista ci sembrano restituire maglio l’essenza più intima di una città, la sua complessità caleidoscopica, di quanto non siano in grado di fare tante odierne guide punteggiate di asterischi, ormai sempre più univoche e rassomiglianti ad opuscoli pubblicitari. Già pietrificata sotto lo sguardo di Medusa, ci sembra che essa riprenda a pulsare se vista attraverso i molteplici sguardi dei viaggiatori.

 
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