Alpini Ortigara e dintorni
Introduzione di Giovanni Kezich
Volume cartonato, formato cm 21,5x28, pp 112, con numerose immagini in bianco e nero
ISBN 978-88-8068-358-2
Disponibile in libreria
Recensioni
- L’Ancora
Testi e premi speciali, i premiati dalla giuriaPonzone. Le motivazioni che hanno indotto la giuria premiare i vincitori della 88 edizione di “Alpini Sempre” premio nazionale di narrativa e ricerca· scolastica sug1i alpini. Libro edito. 1 premio: “Il 5° Alpini è ancora tra noi - La preparazione e la partenza per il fronte Russo dei battaglioni Morbenio, Edolo e Tirano novembre ‘41 -luglio ‘42”. L’opera è stata curata da quattro autori Giuseppe Barbero, Elena Cattaneo, Piergiorgio Longo, Franco Voghera - ed è edita dalla “Susa Libri”. “ volume ricostruisce la storia del 5° reggimento Alpini in forma rapida e succinta dalle sue origini agli anni quaranta del 900 ed in forma dettagliata dalla fine del 1941 al ritorno dalla campagna di Russia. Con questo libro gli Alpini di Rivoli e della 58 zona della Sezione di Torino hanno voluto approfondire una pagina importante della storia del loro territorio. Ad indurre gli autori a questa meticolosa ricerca è stato, soprattutto, l’ “obbligo morale” nei riguardi di una generazione che - “nata e vissuta sotto il fascismo, ha saputo riscattarsi e dare una lezione di civiltà e di dignità che non va dimentica. Nel volume sono contenute oltre trenta testimonianze di reduci provenienti dalle province dell’alta Lombardia, luogo di reclutamento del 5° Alpini e di altre persone della zona di Rivoli che erano state a contatto di questi soldati. 2° premio: Alpini - Ortigara e dintorni”; l’opera raccoglie le immagini del fotografo Enzo Rela, gli scritti di Mario Rigoni Stern ed è presentata da una bella introduzione di Giovanni Kezich - editore “Priuli e Verlucca”. I libro è, innanzitutto, uno splendido racconto per immagini dell’adunata nazionale Alpini del 2006 tenutasi ad Asiago. Gli interventi del compianto Mario Rigoni Stern “ .... esaltano la poesia di queste immagini ora rievocando, con la consueta sobrietà di linguaggio, le tragiche campagne militari del passato. Per non dimenticare e ribadire i valori morali e culturali di una nobile tradizione. Per la sezione “Ricerca scolastica” il premio è andato alla” C del circolo didattico “Collodi Gebbioni” di Reggio Calabria. Si tratta di un lavoro su DVD con il quale un gruppo di giovanissimi ha raccolto storie e canta le canzoni degli Alpini. Inoltre, è stato deciso di conferire un riconoscimento speciale al lavoro, in DVD, presentato da Fabio Ognibeni di Treviso, dal titolo “Sulle tracce della memoria” nel quale l’autore ripercorre, a piedi e da solo, le strade della ritirata di Russia.
Estratti
Asiago, 13-14 maggio 2006: dopo 86 anni, l’adunata nazionale degli alpini torna sui luoghi che, meno di due anni dopo la fine della Grande guerra, nel settembre 1920, la videro nascere. Così, dopo un lungo pellegrinaggio ai quattro angoli dell’Italia, l’adunata ritorna per la sua 79ª edizione sui suoi luoghi più sacri: il monte Ortigara, teatro nel giugno 1917 di uno spaventoso massacro di alpini, e l’altipiano di Asiago che sta ai suoi piedi.
Un fotografo, Enzo Rela, asiaghese e quindi alpino come tutti gli asiaghesi, si fa strada da solo nel grande fiume in piena dell’adunata. Con spirito, con discrezione, con sensibilità, va alla ricerca di un sorriso, di un attimo fuggente, di un’espressione autentica. Gli fa eco uno scrittore famoso, Mario Rigoni Stern, alpino e asiaghese anche lui, indimenticabile memorialista di guerra. Ne viene fuori una sorta di diario intimo in cui due voci diverse, quella del fotografo e quella dello scrittore, si mettono in sintonia affrontando la commozione propria dei campi di battaglia come la gran baraonda della festa, fino a trovare un equilibrio difficile, eppure pressoché perfetto.Dentro l’adunata.Storia, vita, spirito di corpo La prima adunata degli alpini si è tenuta ad Asiago nel 1920, all’inizio di settembre, meno di due anni dopo la fine della grande guerra, e coinvolse alcune centinaia di reduci che si recarono con tutti i mezzi all’Ortigara, dove i campi di battaglia dovevano essere ancora fumanti e ingombri di ogni genere di residuati se è vero che ancor oggi, che di anni ne son passati novanta, quelle pietre non mancano mai di restituire al viandante, tra un passo e l’altro, qualche povero frammento di osso insepolto, qualche brandello di latta, qualche pezzo di scheggia contorta...Nel 2006, e quindi 86 anni dopo quella prima adunata che immaginiamo in confronto a quelle di oggi piuttosto attonita e spartana, l’Associazione Nazionale Alpini, con una decisione di grande richiamo emotivo, ma anche piuttosto coraggiosa e difficile, soprattutto per via delle prevedibili avversità che si annunciavano fin da subito sul fronte logistico, ha voluto nuovamente designare Asiago quale luogo dell’ormai canonica adunata di maggio, la 79ª dopo quella del ’20, e riportare gli alpini in Ortigara.
Che cosa sia l’Ortigara ce lo raccontano gli storici – è il lontano bastione montuoso dove si arrestò tragicamente, tra il giugno 1916 e il luglio 1917, la controffensiva italiana alla Strafexpedition – e ce lo spiegano in modo ancor più persuasivo Rigoni Stern nelle belle pagine che seguono, e la stessa tradizione orale di queste parti, che ha fatto di questo monte il malinconico emblema di un immane e forse anche inutile macello, il «calvario degli alpini».
Una qualche idea dei luoghi, per chi non vi sia mai stato, aiuterà a dare un po’ di forma a questa triste nomea. Lasciamoci alle spalle i paesi ocra e rosa e piuttosto ridenti dell’altipiano, e saliamo sul grande acrocoro che verso nord li sovrasta. Sui primi spalti c’è un po’ di ceduo, poi grandi boschi neri di conifere, nei quali a poco a poco, in radure sempre più ampie, si aprono le malghe. Spingiamoci ancora più lontano, e ancora più su, e incominciano la vegetazione alpina, i mughi, i baranci. Non ci sono più malghe, solo qualche ricovero da pastori semidiroccato, e poi più niente. Così, di pietraia in pietraia e di quota in quota – da Asiago sono almeno sei-sette ore di marcia – arriviamo a un’ultima grande bastionata di modeste giogaie calcaree, tutte strati e fenditure, proprio a picco sulla Valsugana: che è vicinissima, ma quasi duemila metri più sotto, irraggiungibile. Più o meno al centro di quest’ultima fila di monti biancastri, pietrosi e piuttosto indistinti che fanno corona all’altipiano verso nord, è l’Ortigara.
Non ci fosse stata la guerra, che conduce ancor oggi quassù tutto l’anno, fatta salva un’affollata rievocazione che si fa in luglio, processioni piuttosto sparute di pellegrini pensosi, oggi qui probabilmente non verrebbe più nessuno. Di interesse escursionistico mediocre per i non iniziati, e ancor minore alpinistico, come dimostra la mancanza pressoché assoluta di rifugi e di punti appoggio in quota, la zona è ormai abbandonata anche dai pastori: infatti, tanto per cominciare, non c’è un filo d’acqua, e il pascolo già povero è stato definitivamente sconvolto dai cannoneggiamenti. Solo d’autunno, vedremo qualche piccola compagnia di cacciatori con i cani da ferma: ma ormai, con la selvaggina stanziale così scarsa, e così attentamente protetta, quanti vanno ancora a galli forcelli o a lepri bianche, e quanto spesso? D’inverno, con la neve, persino i fondisti vi si spingono di rado: perché si va troppo lontano, il continuo saliscendi costringe a rompere il passo e il batter pista è sempre disagevole, e talora proibitivo. Una volta arrivati qua, ci vorrebbero gli sci da alpinismo, con i quali è però difficile negoziare l’avvicinamento a un terreno che comunque non offre discese importanti...
Provate così, in una stagione qualsiasi, ad affacciarvi appena oltre la forcella poco sopra la chiesina commemorativa del monte Lozze, e vedrete sotto il cielo un mammellone oblungo e tutt’altro che maestoso, mezzo coperto di mughi, avvolto in una specie di silenzio. Lì, qualcuno bisbiglierà al vostro fianco, sono morti più di diecimila uomini... Da ormai quattro o cinque generazioni, la gente di Asiago convive con il sentimento dell’immenso cimitero a cielo aperto che li sovrasta da tutti i lati, e che entra di continuo nella vita quotidiana, per esempio con l’epopea senza fine del recupero, in un paese dove ancor oggi, tutti i giorni al crepuscolo, dal grande Ossario di marmo che si erge al centro preciso della piana gli altoparlanti sparano ai quattro venti il Silenzio per i caduti.
Con queste premesse, difficilmente il reportage fotografico che Enzo Rela si è proposto di fare dell’adunata di Asiago avrebbe potuto ispirarsi al senso di semigoliardico compiacimento del commilitone alpino in congedo. E così Rela, già autore con Mario Rigoni Stern di un libro fotografico su Asiago e la sua gente (L’altipiano. Un posto per gli uomini, P&V, 2005), prima di tutto è andato in Ortigara, partecipando al pellegrinaggio delle autorità e di alcuni reparti in armi che ha aperto l’adunata, e ha messo poi le immagini raccolte lassù, prima di tutte le altre, al centro di un libro serio, che vuole soprattutto far pensare. Un racconto per immagini, che ci dà l’occasione di riflettere sul mondo degli alpini nella sua globalità: complesso patrimonio di storia e di simboli, vero e proprio modo di essere, stile di vita: per moltissimi, ancor oggi, quasi una religione.
Certo, un’adunata degli alpini è come un grande fiume in piena che con sé trascina tutto, e che mette d’accordo tutti: converte gli scettici, ammalia le donne, rincuora i vecchi, impressiona per sempre i bambini, e galvanizza perfino le suorine ritratte da Rela per far da contrappeso a tanti maschi, a tanti vèci, a tante barbe. Anche Rigoni Stern, che dei nostri alpini è da sempre un po’ la coscienza critica, avendone rappresentato con la sua opera di scrittore una specie di antiretorica, e quindi essendosi fatto refrattario quanto basta, dopo la sua Grecia e la sua Russia, a raduni, alzabandiere e squilli di tromba, e che infatti aveva annunciato ai più intimi, in previsione dell’adunata, la volontà di rifugiarsi altrove, via dalla pazza folla, alla fine, come era logico, non ha saputo resistere al richiamo dei ricordi e a quello difficilmente eludibile della penna. Così, la mattina del pellegrinaggio alla colonna mozza dell’Ortigara, il vecchio Sergente ha accettato di buon grado un passaggio in elicottero, e ha finito poi per partecipare con qualcuno dei suoi classe (1921) alla grande sfilata. Così, ha potuto raccogliere le impressioni e i ricordi che accompagnano in questo libro i quattro capitoli del racconto fotografico di Rela – Ortigara, Baldoria alpina, Alpini si nasce, La grande sfilata: belle pagine in cui i suoi affezionati lettori riconosceranno la voce dello scrittore, tornato ancora una volta, e per davvero, alpino tra gli alpini. Perché all’adunata, dopo le ritrosie e le mille preoccupazioni della vigilia, non vi è chi non si lasci contagiare, e tanto più in un paese come Asiago, dove la naja, come una specie di seconda patria, è di casa da sempre. […]
Un fotografo, Enzo Rela, asiaghese e quindi alpino come tutti gli asiaghesi, si fa strada da solo nel grande fiume in piena dell’adunata. Con spirito, con discrezione, con sensibilità, va alla ricerca di un sorriso, di un attimo fuggente, di un’espressione autentica. Gli fa eco uno scrittore famoso, Mario Rigoni Stern, alpino e asiaghese anche lui, indimenticabile memorialista di guerra. Ne viene fuori una sorta di diario intimo in cui due voci diverse, quella del fotografo e quella dello scrittore, si mettono in sintonia affrontando la commozione propria dei campi di battaglia come la gran baraonda della festa, fino a trovare un equilibrio difficile, eppure pressoché perfetto.Dentro l’adunata.Storia, vita, spirito di corpo La prima adunata degli alpini si è tenuta ad Asiago nel 1920, all’inizio di settembre, meno di due anni dopo la fine della grande guerra, e coinvolse alcune centinaia di reduci che si recarono con tutti i mezzi all’Ortigara, dove i campi di battaglia dovevano essere ancora fumanti e ingombri di ogni genere di residuati se è vero che ancor oggi, che di anni ne son passati novanta, quelle pietre non mancano mai di restituire al viandante, tra un passo e l’altro, qualche povero frammento di osso insepolto, qualche brandello di latta, qualche pezzo di scheggia contorta...Nel 2006, e quindi 86 anni dopo quella prima adunata che immaginiamo in confronto a quelle di oggi piuttosto attonita e spartana, l’Associazione Nazionale Alpini, con una decisione di grande richiamo emotivo, ma anche piuttosto coraggiosa e difficile, soprattutto per via delle prevedibili avversità che si annunciavano fin da subito sul fronte logistico, ha voluto nuovamente designare Asiago quale luogo dell’ormai canonica adunata di maggio, la 79ª dopo quella del ’20, e riportare gli alpini in Ortigara.
Che cosa sia l’Ortigara ce lo raccontano gli storici – è il lontano bastione montuoso dove si arrestò tragicamente, tra il giugno 1916 e il luglio 1917, la controffensiva italiana alla Strafexpedition – e ce lo spiegano in modo ancor più persuasivo Rigoni Stern nelle belle pagine che seguono, e la stessa tradizione orale di queste parti, che ha fatto di questo monte il malinconico emblema di un immane e forse anche inutile macello, il «calvario degli alpini».
Una qualche idea dei luoghi, per chi non vi sia mai stato, aiuterà a dare un po’ di forma a questa triste nomea. Lasciamoci alle spalle i paesi ocra e rosa e piuttosto ridenti dell’altipiano, e saliamo sul grande acrocoro che verso nord li sovrasta. Sui primi spalti c’è un po’ di ceduo, poi grandi boschi neri di conifere, nei quali a poco a poco, in radure sempre più ampie, si aprono le malghe. Spingiamoci ancora più lontano, e ancora più su, e incominciano la vegetazione alpina, i mughi, i baranci. Non ci sono più malghe, solo qualche ricovero da pastori semidiroccato, e poi più niente. Così, di pietraia in pietraia e di quota in quota – da Asiago sono almeno sei-sette ore di marcia – arriviamo a un’ultima grande bastionata di modeste giogaie calcaree, tutte strati e fenditure, proprio a picco sulla Valsugana: che è vicinissima, ma quasi duemila metri più sotto, irraggiungibile. Più o meno al centro di quest’ultima fila di monti biancastri, pietrosi e piuttosto indistinti che fanno corona all’altipiano verso nord, è l’Ortigara.
Non ci fosse stata la guerra, che conduce ancor oggi quassù tutto l’anno, fatta salva un’affollata rievocazione che si fa in luglio, processioni piuttosto sparute di pellegrini pensosi, oggi qui probabilmente non verrebbe più nessuno. Di interesse escursionistico mediocre per i non iniziati, e ancor minore alpinistico, come dimostra la mancanza pressoché assoluta di rifugi e di punti appoggio in quota, la zona è ormai abbandonata anche dai pastori: infatti, tanto per cominciare, non c’è un filo d’acqua, e il pascolo già povero è stato definitivamente sconvolto dai cannoneggiamenti. Solo d’autunno, vedremo qualche piccola compagnia di cacciatori con i cani da ferma: ma ormai, con la selvaggina stanziale così scarsa, e così attentamente protetta, quanti vanno ancora a galli forcelli o a lepri bianche, e quanto spesso? D’inverno, con la neve, persino i fondisti vi si spingono di rado: perché si va troppo lontano, il continuo saliscendi costringe a rompere il passo e il batter pista è sempre disagevole, e talora proibitivo. Una volta arrivati qua, ci vorrebbero gli sci da alpinismo, con i quali è però difficile negoziare l’avvicinamento a un terreno che comunque non offre discese importanti...
Provate così, in una stagione qualsiasi, ad affacciarvi appena oltre la forcella poco sopra la chiesina commemorativa del monte Lozze, e vedrete sotto il cielo un mammellone oblungo e tutt’altro che maestoso, mezzo coperto di mughi, avvolto in una specie di silenzio. Lì, qualcuno bisbiglierà al vostro fianco, sono morti più di diecimila uomini... Da ormai quattro o cinque generazioni, la gente di Asiago convive con il sentimento dell’immenso cimitero a cielo aperto che li sovrasta da tutti i lati, e che entra di continuo nella vita quotidiana, per esempio con l’epopea senza fine del recupero, in un paese dove ancor oggi, tutti i giorni al crepuscolo, dal grande Ossario di marmo che si erge al centro preciso della piana gli altoparlanti sparano ai quattro venti il Silenzio per i caduti.
Con queste premesse, difficilmente il reportage fotografico che Enzo Rela si è proposto di fare dell’adunata di Asiago avrebbe potuto ispirarsi al senso di semigoliardico compiacimento del commilitone alpino in congedo. E così Rela, già autore con Mario Rigoni Stern di un libro fotografico su Asiago e la sua gente (L’altipiano. Un posto per gli uomini, P&V, 2005), prima di tutto è andato in Ortigara, partecipando al pellegrinaggio delle autorità e di alcuni reparti in armi che ha aperto l’adunata, e ha messo poi le immagini raccolte lassù, prima di tutte le altre, al centro di un libro serio, che vuole soprattutto far pensare. Un racconto per immagini, che ci dà l’occasione di riflettere sul mondo degli alpini nella sua globalità: complesso patrimonio di storia e di simboli, vero e proprio modo di essere, stile di vita: per moltissimi, ancor oggi, quasi una religione.
Certo, un’adunata degli alpini è come un grande fiume in piena che con sé trascina tutto, e che mette d’accordo tutti: converte gli scettici, ammalia le donne, rincuora i vecchi, impressiona per sempre i bambini, e galvanizza perfino le suorine ritratte da Rela per far da contrappeso a tanti maschi, a tanti vèci, a tante barbe. Anche Rigoni Stern, che dei nostri alpini è da sempre un po’ la coscienza critica, avendone rappresentato con la sua opera di scrittore una specie di antiretorica, e quindi essendosi fatto refrattario quanto basta, dopo la sua Grecia e la sua Russia, a raduni, alzabandiere e squilli di tromba, e che infatti aveva annunciato ai più intimi, in previsione dell’adunata, la volontà di rifugiarsi altrove, via dalla pazza folla, alla fine, come era logico, non ha saputo resistere al richiamo dei ricordi e a quello difficilmente eludibile della penna. Così, la mattina del pellegrinaggio alla colonna mozza dell’Ortigara, il vecchio Sergente ha accettato di buon grado un passaggio in elicottero, e ha finito poi per partecipare con qualcuno dei suoi classe (1921) alla grande sfilata. Così, ha potuto raccogliere le impressioni e i ricordi che accompagnano in questo libro i quattro capitoli del racconto fotografico di Rela – Ortigara, Baldoria alpina, Alpini si nasce, La grande sfilata: belle pagine in cui i suoi affezionati lettori riconosceranno la voce dello scrittore, tornato ancora una volta, e per davvero, alpino tra gli alpini. Perché all’adunata, dopo le ritrosie e le mille preoccupazioni della vigilia, non vi è chi non si lasci contagiare, e tanto più in un paese come Asiago, dove la naja, come una specie di seconda patria, è di casa da sempre. […]