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Abitare molto in alto

Abitare molto in alto

Le alpi e l'architettura

Cartonato con sovraccoperta plastificata a colori formato cm 14x21,5, 208 pagine con inserto fotografico
ISBN 978-88-8068-460-2
Disponibile in libreria

 

Recensioni

  • Il giornale dell'edilizia
    Abitare molto in alto
  • Arch Alp
    Abitare molto in alto. Le Alpi e l’architettura
    Molte parole si sono già spese sull’architettura e le alpi. Una riflessione sul tema è interessante quando diventa occasione per ragionare sulle opportunità di vita alternative a quelle della città e della pianura urbanizzata, sulle possibilità abitative diversificate che la montagna è in grado di offrire. È interessante quando l’architettura alpina viene utilizzata come strumento per saggiare ed esplorare più in generale le grandi sfide che pone la cultura dell’abitare del XXI secolo. In questo senso allora, come giustamente ci tiene a specificare l’autore, Abitare molto in alto non è solo un libro di architettura, e non potrebbe esserlo. Trattare in modo autoreferenziale l’architettura che è cresciuta tra i monti sarebbe infatti un’operazione poco corretta che non darebbe conto dei profondi legami che tengono assieme ciò che siamo e ciò che costruiamo, l’idea che abbiamo della montagna e le pratiche dell’abitare. Parlare di architettura alpina è dunque per Bolzoni parlare necessariamente anche di altro: degli sguardi che hanno di volta in volta reinventato questo territorio, delle diverse culture che convivono sulle montagne, delle identità di chi sulle alpi vive e lavora e di chi vi trascorre solo il fine settimana, di quelle degli insiders e degli outsiders. C’è di più. Il paesaggio edificato alpino, più che altrove, non è solo lo specchio del nostro modo di vivere ma soprattutto la trasposizione dei nostri sogni, la necessità di ricreare tra le montagne il nostro piccolo mondo ideale che ci è negato dalla città. L’immagine della tanto citata boule de neige non è altro che il “sogno del territorio su se stesso“, la sola rappresentazione condivisa del paesaggio alpino che tutti abbiamo in mente e di cui tutti ci sentiamo parte. Sulle alpi gli effetti della jolisation ci parlano del profondo bisogno di un mondo pittoresco da usare come rifugio, poco importa se surrogato e artefatto. Nell’affannosa ricerca di un altrove le carte si mischiano, l’autentico è di volta in volta manipolato, dal repertorio della tradizione si attinge con assoluta libertà e si riattualizzano i ritmi ed i valori del passato, idealizzato o meno. È da qui che è necessario ripartire. Come lo sono state per la modernità, le alpi possono tornare ad essere un laboratorio in cui - a partire proprio dalle grandi contraddizioni del nostro tempo – possiamo cominciare a immaginare percorsi di vita e di edificazione più articolati e più “intelligenti”. In primis dando vita a modelli insediativi più complessi, in cui le identità locali possano realizzarsi secondo modelli di integrazione tra forme dell’insediamento e pratiche dell’abitare – e non più solo attraverso logiche a-topiche di crescita mascherate da stilemi pseudo-tradizionali, o ancora guardando all’architettura come parte di una filiera produttiva che tra i monti cresce e si sviluppa. Se le pratiche dell’abitare la montagna costituiscono un’alternativa all’obsolescenza dei modi e degli stili di vita urbani allora lo studio del territorio alpino permette di esplorare la contemporaneità molto di più di quanto non ci aspettiamo. Se gli stessi valori del passato sono stati di nuovo ricaricati di significato, nell’architettura ma non solo, allora questi diventano un riferimento più che mai attuale se guardati non con la nostalgia della tradizione ma con la dirompenza dell’avanguardia.

  • Lo Scarpone
    Abitare molto in alto

  • Meridiani Montagne
    Le architetture delle Alpi
  • IlRisveglio Popolare
    C’è chi "abita molto in alto"

  • L’Indice dei libri del mese
    Boule de neige

    Tante parole si sono già spese sull’architettura e le Alpi. Una riflessione sul tema è interessante quando diventa occasione per ragionare sulle opportunità di vita alternative a quelle della città e della pianura urbanizzata, sulle possibilità abitative diversificate che la montagna è in grado di offrire. È interessante quando l’architettura alpina viene utilizzata come strumento per saggiare ed esplorare più in generale le grandi sfide che pone la cultura dell’abitare del XXI secolo. In questo senso allora, come giustamente ci tiene a specificare l’autore, Abitare molto in alto non è solo un libro di architettura, e non potrebbe esserlo. Trattare in modo autoreferenziale l’architettura che è cresciuta tra i monti sarebbe infatti un’ operazione poco corretta che non darebbe conto dei profondi legami che tengono assieme ciò che siamo e ciò che costruiamo, l’idea che abbiamo della montagna e le pratiche dell’ abitare. Parlare di architettura alpina è dunque per Bolzoni parlare necessariamente anche di altro: degli sguardi che hanno di volta in volta reinventato questo territorio, delle diverse culture che convivono sulle montagne, delle identità di chi sulle alpi vive e lavora e di chi vi trascorre solo il fine settimana. C’è di più. TIpaesaggio edificato alpino, più che altrove, non è solo lo specchio del nostro modo di vivere, ma soprattutto la trasposizione dei nostri sogni, la necessità di ricreare tra le montagne il nostro piccolo mondo ideale che ci è negato dalla città. L’immagine della tanto citata baule de neige non è altro che il “sogno del territorio su se stesso”, la sola rappresentazione condivisa del paesaggio alpino che tutti abbiamo in mente e di cui tutti ci sentiamo parte. Sulle Alpi gli effetti della jolisation ci parlano del profondo bisogno di un mondo pittoresco da usare come rifugio. Nell’affannosa ricerca di un altrove le carte si mischiano, l’autentico è di volta in volta manipolato, dal repertorio della tradizione si attinge con assoluta libertà e si riattualizzano i ritmi e i valori del passato, idealizzato o meno. È da qui che è necessario ripartire. Come lo sono state per la modernità, le Alpi possono tornare a essere un laboratorio in cui – a partire proprio dalle grandi contraddizioni del nostro tempo - possiamo cominciare a Immaginare percorsi di vita e di edificazione più articolati e più “intelligenti”. In primis dando vita a modelli insediativi più complessi, in cui le identità locali possano realizzarsi secondo modelli di integrazione tra forme dell’insediamento e pratiche dell’abitare, e non più solo attraverso logiche a-topiche di crescita mascherate da stilemi pseudo-tradizionali o ancora guardando all’architettura come parte di una filiera produttiva che tra i monti cresce e si sviluppa. Se le pratiche dell’abitare la montagna costituiscono un’alternativa all’obsolescenza dei modi e degli stili di vita urbani, allora lo studio del territorio alpino permette di esplorare la contemporaneità molto di più di quanto non ci aspettiamo. Se gli stessi valori del passato sono stati ricaricati di significato, nell’ architettura ma non solo, allora questi diventano un riferimento più che mai attuale se guardati non con la nostalgia della tradizione, ma con la dirompenza dell’avanguardia.

  • alpinia.net
    Abitare molto in alto

    leggi la recensione originale sul sito alpinia.net

     

    Questo non è solo un libro di architettura; è anche un libro di architettura.

    È un libro per capire se quello che è stato disegnato ed edificato sulle nostre Alpi può rappresentare per il futuro un nuovo modo di vivere e abitare la montagna.

    La montagna che incantava diventò nel secolo scorso il luogo dove la tradizione era considerata quale memoria della modernità. La montagna quale unico sito dove la ventata di modernità, arrivata dalla città con propri mezzi, modalità e abitudini, si poteva contrastare solo con l’opposizione dell’unica immagine delle Alpi che il cittadino poteva comprendere e voleva vedere.

    Un’immagine della montagna, impervia, difficile, pericolosa ma al tempo stesso soave e conciliante, rappresentata nell’unico modo possibile, una montagna da cui nasceranno tante piccole architetture ma non un’unica architettura.


  • La Stampa
    L’architettura delle terre alte
    Sintesi dell’autore: «Non è un libro di architettura, è anche un libro di architettura. È un libro per capire se quello che è stato disegnato ed edificato sulle nostre Alpi può rappresentare un nuovo modo di vivere la montagna».
  • Trentino
    L’architettura alpina «I vecchi relitti andrebbero abbattuti»
  • Corriere delle Alpi
    L'architettura alpina «I vecchi relitti andrebbero abbattuti»
  • Il Sole 24 Ore
    Architettura sulle Alpi per una nuova identità
  • La Stampa
    Vecchi hotel e skilift. Sulle Alpi troppi ruderi
    Prima di progettare il nuovo bisognerebbe sempre pensare alla dismissione del vecchio». Parole di Luciano Bolzoni, architetto e docente universitario intervenuto a Pollein per il convegno «Architettura e sviluppo alpino» organizzato da Fondazione Courmayeur e Ordine degli architetti della Valle d’Aosta. «Un’opera – dice Bolzoni – è progettata per essere abitata, vissuta. Se non lo è più perde di senso». Bolzoni punta l’indice sui tanti ruderi e rottami di cui sono piene le Alpi: vecchi skilift, cabinovie o funivie dismesse, alberghi abbandonati. Cosa farne? «Le cose sono due: o gli si trova una destinazione, le si riporta in vita, oppure non hanno più senso e possono essere abbattute». Lo studioso, che a Pollein ha presentato anche il suo libro «Abitare molto in alto. Le Alpi e l’architettura » di Priuli&Verlucca, parla anche della stazione della Funivia Furggen, progettata da Carlo Mollino a Cervinia. «La stazione Mollino potrebbe essere smatellata proprio perché non più utilizzata. Bisogna decidere tra morte o riutilizzo. Sono un estimatore di Mollino e spero si opti per il riutilizzo». La montagna offre altri esempi di ruderi, come la cabinovia abbandonata di Alagna o la seggiovia della Valtournenche. Opere costruite, invecchiate e poi abbandonate a se stesse.Aqueste si aggiungono i rottami, come lo skilift a Punta Indren sul Monte Rosa oppure, ed è notizia di qualche giorno fa, l’elicottero Lama precipitato sul Monte Bianco e di cui è impossibile il recupero. L’architettura alpina offre però anche esempi virtuosi, «ad esempio - ancora Bolzoni - la stazione Promeron di Valtournenche, la Colonia Olivetti di Brusson o il rifugio Nacanuli di Bionaz ». Secondo Antonio De Rossi, architetto e docente al Politecnico di Torino, «la situazione in Piemonte è a macchia di leopardo. Ci sono singole opere apprezzabili, e casi eccellenti come il borgo di Ostana nell’Alta Valle Po. Il problema non sono le singole opere degli architetti, il problema è il livello medio delle costruzioni. Serve una cultura diversa, più attenzione anche nella realizzazione delle piccole cose, come i parcheggi». Nel convegno è stato presentato anche il progetto per la nuova funivia per Punta Helbronner, sul Monte Bianco. Un lavoro da 100 milioni di euro che prevede la realizzazione di tre stazioni a tre livelli diversi (a Pontal d’Entrèves, al Pavillon e a Punta Helbronner. Il progetto è stato introdotto dall’assessore regionale al Turismo, Aurelio Marguerettaz e illustrato dai progettisti Sergio Blengini e Carlo Cillara Rossi. A sollevare qualche perplessità è stato Sebastiano Brandolini (architetto e giornalista): «Da quello che ho visto è a forte impatto ambientale, inutile pensare che possa avere un impatto soft. Bisogna poi chiedersi fino a che punto può spingersi lo sfruttamento della natura, un po’ come nel caso del ponte di Messina». Gli fa eco Giulia Barbieri, educatrice ambientale che si dice «stupita per l’impatto sull’ambiente. Ne vale veramente la pena? ». La difesa dei due progettisti: «Qui non siamo di fronte a nessun ponte di Messina – ribattono Blengini e Cillara Rossi – ma di fronte a luoghi complessi da interpretare. Non è un’opera mastodontica, ma una funivia piccola, da 75 posti. Lo scopo è rendere fruibile la montagna a tutti. L’opera è sicuramente impattante, ma va detto che l’architettura è impattante per definizione».
  • La Provincia di Lecco
    Abitare molto in alto: sulle Alpi un modo di vivere la montagna
    In occasione della mostra 100 per 100 Cassin, Parole Semplici il 12 novembre (alle ore 18 nella sede Ance a ingresso libero) sarà presente Luciano Bolzoni con il suo volume, fresco di stampa, dal titolo Abitare molto in alto (Priuli & Verlucca, formato 14x21,5, 208 pagine con inserto fotografico, euro 14,50). Luciano Bolzoni, architetto milanese, docente universitario, è studioso di cultura e di architettura alpina in tutte le sue forme, dall’analisi della singola rovina in quota allo studio dei fenomeni legati all’urbanistica di montagna. Ospite di numerosi convegni tematici nazionali e internazionali ha al suo attivo numerose pubblicazioni, fra cui i due volumi Architettura moderna nelle Alpi italiane, che sono diventati nel tempo un punto di partenza del dibattito corrente in tema di costruzioni alpine. Ha collaborato e collabora con le principali testate di architettura. Di questi tempi la pubblicazione di un libro sull’architettura moderna non è sicuramente un fatto originale; lo diventa quando il libro in questione affronta un tema così particolare ed interessante ma che stranamente non ha avuto fino ad ora una trattazione unitaria. In questo senso, la pubblicazione sull’architettura moderna alpina – che la casa editrice Priuli & Verlucca ha affrontato proprio con i due volumi Architettura moderna nelle Alpi – intende colmare una lacuna esistente nell’editoria in relazione al tema del moderno in montagna e si pone come uno strumento di partenza per futuri studi di approfondimento. Il tema del moderno declinato in un contesto particolarmente significativo come quello montano, così singolare dal punto di vista ambientale e da quello della tradizione costruttiva, è sempre stato un argomento fra i più frequentati e stimolanti del dibattito architettonico contemporaneo e merita una trattazione unitaria di episodi che sino ad ora sono stati considerati dalla pubblicistica solo singolarmente. Per questo motivo lo sguardo unitario proposto dal libro è in grado di presentare da un lato opere celeberrime da un punto di vista innovativo e, dall’altro, opere secondarie o del tutto inedite in un quadro più generale e complessivo; l’approccio sintetico e il formato di catalogo scelto trascendono la stessa selezione di opere effettuata e si propongono quindi come contributo critico generale nei confronti di un tema trattato. Inoltre il Quaderno si offre a interessi di duplice natura: potrebbe prestarsi a considerazioni proprie di un discorso generale di architettura come diventare uno strumento di consultazione e conoscenza a carattere tematico e con spunti di interesse socio-geografico tutti da approfondire. Il periodo considerato dal primo volume copre un arco di circa sessant’anni a partire dall’inizio del secolo scorso, lasso di tempo in cui si assiste a un radicale cambiamento dello stile costruito in uso fino a quegli anni verso forme d’altro genere, per arrivare agli anni ’50, periodo ricchissimo di opere esemplari dal punto di vista dei contenuti formali. Il volume raccoglie quindi una selezione di opere significative tra le quali alcune di altissimo spessore scientifico, concepite da progettisti come Albini, i lecchesi Cereghini e Fiocchi, Gellner, Magistretti, Mollino, Muzio, Ponti, Portaluppi, Roggero, Sottsass Sr., Vietti ed altri ancora, ambientate sulle Alpi, attraverso le più diverse tipologie edilizie: dalla semplice casa unifamiliare alla ricostruzione del rascard, dal rifugio ad alta quota all’albergo, dalla chiesa parrocchiale alla scuola, dalla centrale idroelettrica alla stazione funiviaria.

    Sulle montagne sono nate tante architetture

    Questo non è un libro di architettura, è anche un libro di architettura. È un libro per capire se quello che è stato disegnato ed edificato sulle nostre Alpi può rappresentare per il futuro un nuovo modo di vivere e abitare la montagna. La montagna che incantava diventò nel secolo scorso il luogo dove la tradizione era considerata quale memoria della modernità; tutto ciò ha prodotto il paesaggio alpino, un grande spazio in cui era obbligatorio conservare per non tradire, costruire per ricordare, in modo da poter avere l’illusione di rivivere le modalità e le abitudini costruttive e abitative del vecchio montanaro. Un luogo dove il pittoresco era necessario per illuderci di essere ancora quelli di una volta. La montagna quale unico sito dove la ventata di modernità, arrivata dalla città con propri mezzi, modalità e abitudini, si poteva contrastare solo con l’opposizione dell’unica immagine delle Alpi che il cittadino poteva comprendere e voleva vedere. Un’immagine della montagna, impervia, difficile, pericolosa ma al tempo stesso soave e conciliante, rappresentata nell’unico modo possibile, una montagna da cui nasceranno tante piccole architetture ma non una unica architettura; progetti ed edifici che caratterizzeranno una breve quanto intensa stagione in cui nascerà l’ambigua modernità odierna, costellata da fatti architettonici – a volte anche di qualità – ma inseriti in un pessimo collage. La pubblicazione di questo libro è l’ideale continuazione dei precedenti volumi – Architettura moderna nelle Alpi italiane – pubblicati sempre da Priuli & Verlucca nella serie dei Quaderni di cultura alpina. Al primo si è fatto cenno nell’articolo qui a fianco. Il secondo volume copre il successivo periodo storico e parte da presupposti differenti, perchè diverse sono state e sono attualmente le modalità di progettare e di costruire gli edifici in montagna. La progettazione di edifici di qualità nell’ambiente alpino italiano si è parzialmente ridotta dopo gli anni cinquanta, o meglio si è rarefatta, concentrandosi in determinate zone geografiche dell’arco alpino, spesso coincidenti con aree o località interessate nel precedente periodo da differenti modalità di sviluppo. Le opere architettoniche raccolte e presentate, progetti e realizzazioni, sono da considerarsi da un lato come i segnali concreti dell’eredità culturale del movimento che le ha precedute, dall’altro come gli esempi da capacità e di abitudini progettuali specifiche del costruire in montagna tipico di questo periodo. Per questo motivo lo sguardo proposto dalla pubblicazione prosegue il cammino intrapreso con il primo libro, basato sulla ricerca di esempi architettonici che costituiscano una valida testimonianza delle concrete possibilità di costruire opere contemporanee in montagna del tutto originali, nel vero senso del termine.


Estratti



Questo non è solo un libro di architettura; è anche un libro di architettura. È un libro per capire se quello che è stato disegnato ed edificato sulle nostre Alpi può rappresentare per il futuro un nuovo modo di vivere e abitare la montagna. La montagna che incantava diventò nel secolo scorso il luogo dove la tradizione era considerata quale memoria della modernità. La montagna quale unico sito dove la ventata di modernità, arrivata dalla città con propri mezzi, modalità e abitudini, si poteva contrastare solo con l’opposizione dell’unica immagine delle Alpi che il cittadino poteva comprendere e voleva vedere. Un’immagine della montagna, impervia, difficile, pericolosa ma al tempo stesso soave e conciliante, rappresentata nell’unico modo possibile, una montagna da cui nasceranno tante piccole architetture ma non un’unica architettura.

Sommario

Introduzione

Capitolo I
Una storia dell’architettura alpina: industria, turismo e occasioni mancate
L’invenzione dell’architettura alpina
La nuova architettura alpina: piani urbanistici e piani visionari (dalle ville padronali alle Case del Fascio alpine)
L’acqua non costa niente: l’industria del carbone bianco nelle vallate alpine
Fulmini e saette costruite: architettura ed elettricità
Le infrastrutture: strade ferrate e nuovi percorsi stradali

Capitolo II
Le Alpi futuribili del passato
Futurismo e Alpi: le montagne incantate?
Montagna e salute
La montagna vinta
La montagna persa (ruderi nel vento)
La montagna come rifugio

Capitolo III
Architettura, Alpi, città e montagna
La nuova società alpina costruisce
Il rapporto privilegiato tra l’architetto e la montagna
Un ambiente fuori e dentro casa
Per un diverso paesaggio alpino: architettura e montagna
Città alpine: esistono veramente?

Capitolo IV
Nuovi scenari alpini
Turismo quale generatore di nuova residenza nella geografia montana
Architettura e montagna oggi: il caso italiano
Austria: il laboratorio del Vorarlberg e il caso MPreis
Svizzera, tra modernità e tradizione: Peter Zumthor e Gion A. Caminada
La ricomposizione di un paesaggio alpino
Il futuro abitante alpino

Bibliografia
 
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